Cara moglia.
Testimonianze e lettere di emigranti abruzzesi.
Nel Novecento, l’emigrazione abruzzese non ha mutato la struttura delle convenzioni formali e le gerarchie di status del gruppo originario. Anche quando era lontano, l’uomo continuava a comandare, a indirizzare, a orientare le azioni dei familiari, nei confronti dei quali si sentiva responsabile. Così come Filippo Lussana, il quale già intorno al 1913 aveva sottolineato questo tratto, precisando“la dominazione assoluta dell’uomo sopra la donna a tal segno che il marito non ammette che la moglie abbia per la sua lontananza acquistato, se non di diritto, almeno di fatto una qualsiasi libertà d’azione e di decisione” (cfr. F. Lussana, Lettere di illetterati. Note di psicologia sociale, Bologna, Zanichelli, pp. 121-122), anche questo testo conferma tale osservazione e ne rappresenta il principale repertorio abruzzese. La presente raccolta di “storie di vita” degli emigrati abruzzesi, documentate attraverso le testimonianze epistolari, suggerisce, unifica e propone i denominatori comuni di tutto il fenomeno dell’emigrazione regionale: la povertà, la sofferenza, la gelosia, i tradimenti, la solidarietà, il familismo e le piccole conquiste, pagate con costi umani altissimi.
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